Ecco i tre finalisti del premio al miglior autore della fotografia del cinema italiano dell’ultima stagione. Il Quarzo di Spilimbergo verrà assegnato sabato 29 agosto nel corso della serata finale del festival.

 

ALESSANDRO ABATE e FRANCESCO DI GIACOMO per MARTIN EDEN di Pietro Marcello con Luca Marinelli, Jessica Cressy – Genere: Drammatico – Durata: 129 min – Italia, 2019

Martin Eden è un marinaio di Napoli con una grande fame di vita e un coraggio incontestabile. Per aver salvato Arturo Orsini da un pestaggio, Martin viene accolto con riconoscenza dalla famiglia del ragazzo e presentato alla sorella Elena. È amore a prima vista, e il desiderio di “essere degno” di Elena spinge Martin a istruirsi facendo tutto da solo, leggendo voracemente e assorbendo, con la sua grande intelligenza naturale, ogni dettaglio di ogni disciplina affrontata. È un film dove un secolo intero, il Ventesimo, viene raccontato, evocato e rielaborato in una continua mescolanza di registri e stili, dove si confondono immagini e temi di decenni lontani, diventati improvvisamente non solo vicini, ma coesistenti. Ancora una volta la libertà espressiva e la voglia di osare del regista casertano colgono nel segno.

 


NICOLAJ BRÜEL per PINOCCHIO

di Matteo Garrone, con Federico Ielapi, Roberto Benigni, Rocco Papaleo, Gigi Proietti – Genere: Fantastico – Italia, 2019

La marionetta che vuole diventare un uomo rappresenta un’immagine che in tempi di intelligenza artificiale dà ancora più da pensare, eppure per realizzare il suo Pinocchio Matteo Garrone ha scelto di percorrere la vecchia strada, quella del trucco trascurando gli effetti speciali. Garrone adatta la favola di Collodi per un film alla vecchia maniera, molto fedele al romanzo per ragazzi in cui non mancano le situazioni quasi horror e sicuramente non rassicuranti da vero romanzo picaresco qual’è il libro.

 


VLADAN RADOVIC per IL TRADITORE

di Marco Bellocchio con Pierfrancesco Favino, Luigi Lo Cascio – Genere: Drammatico – Durata: 148 min – Italia, 2019

Sicilia, anni Ottanta. È guerra aperta fra le cosche mafiose: i Corleonesi, capitanati da Totò Riina, sono intenti a far fuori le vecchie famiglie. Mentre il numero dei morti ammazzati sale come un contatore impazzito, Tommaso Buscetta, capo della Cosa Nostra vecchio stile, è rifugiato in Brasile, dove la polizia federale lo stana e lo riconsegna allo Stato italiano. Ad aspettarlo c’è il giudice Giovanni Falcone che vuole da lui una testimonianza indispensabile per smontare l’apparato criminale mafioso. E Buscetta decide di diventare “la prima gola profonda della mafia”. Marco Bellocchio fa di Buscetta un personaggio tragico shakespeariano, una figura fatta di ombre e drammi che racconta con stile lineare. Nelle pieghe del racconto e nei chiaroscuri del personaggio, il regista piazza i suoi tocchi più personali, elevando così il film.

 

 

 

 

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